Condivisione solidale della Parola di Dio della VIII Domenica T.O.C. (Sir 27, 4-7. NV 27, 5-8; Sal. 91/92; 1Cor 15, 54-58; Lc 6, 39-45). Una sintesi per il mio vivere cristiano – N. 2.
L’ottava domenica del Tempo Ordinario è l’ultima domenica della prima parte del Tempo Ordinario, che riprenderà il suo percorso con la nona domenica dopo la Pentecoste. Nel mezzo c’è un ciclo di tre momenti o tempi: il tempo di Quaresima, la Pasqua (Triduo, Pasqua, ottava pasquale) e il tempo di Pasqua fino alla Pentecoste.
La Parola di Dio domenicale è semplice, chiara e densa.
Se lo specchio dell’albero sono i suoi frutti e se “i cavalli di razza si vedono in pista” (dice un saggio proverbio), lo specchio del cuore, direi, è la bocca: ciò che ne esce, la parola.
La lingua, dice l’apostolo Giacomo (Gc 3, 5-6), è un organo piccolo nell’uomo, ma con effetti importanti sia positivi che negativi. Prima di aprire la bocca e parlare, è necessario riflettere bene, perché, nel caso di una sua uscita negativa, la parola, come spesso accade, può essere incendiaria e devastante.
Le premesse della parola in uscita sono molto espressive e indicative. Gesù insegna: “…ciò che esce dalla bocca viene dal cuore…” (Mt 15, 18).
Prima di additare qualcuno e giudicarlo, è necessario fare un lavoro di introspezione personale per sapere se non c’è una trave che potrebbe impedire al mio occhio di vedere meglio, evitando di scorgere solo la pagliuzza che è nell’occhio del mio prossimo.
Senza tale introspezione, che interpellerebbe la mia coscienza su ciò che sono veramente e su ciò che faccio, il rischio è quello di comportarmi come un cieco che guida un altro cieco, con la conseguenza di finire entrambi in un fosso senza scampo. Sarebbe il rischio corso dal mio comportamento inadeguato, ipocrita, falso, prepotente, arrogante. Con l’inautenticità non potrei essere un “testimone” del Vangelo, perché un testimone o un profeta incarna, o dovrebbe incarnare, la verità di cui è portatore.
I frutti buoni dell’albero del mio cuore non nascono come i funghi in un bosco incolto. L’invito è quello di coltivare e curare il mio cuore, che è il tesoro o la cassaforte della mia esistenza. Uno scriba saggio, spiegava Gesù, è colui che trae dal tesoro della sua casa (la sua vita) cose nuove e cose antiche (Mt 13, 52).
Dovrei riflettere molto prima di esprimere un giudizio sul comportamento altrui: esaminare prima ciò che sono e ciò che faccio, prima di additare gli altri con preconcetti e pregiudizi, con leggerezza e superficialità. Ad ogni modo, dovrei seguire il principio fondamentale della “verità nella carità”.
“Perché è necessario ‘strappare il proprio cuore’? (…) Affinché non si indurisca nel peccato. Affinché il peccato non diventi un’abitudine, non domini l’uomo, non prenda possesso della sua verità interiore, imponendosi come ‘legge’ dell’esistenza umana, come legge del peccato.” (San Giovanni Paolo II):
“Pourquoi faut-il “déchirer son cœur? (…) Pour qu’il ne s’endurcisse pas dans le péché. Que le péché ne devienne pas une habitude, ne domine pas l’homme, ne prenne pas possession de sa vérité intérieure, en s’imposant comme “loi” de l’existence humaine, come loi du péché.” (Saint Jean-Paul II, Une pensée par jour, Médiaspaul, Montréal, 2009, p. 25).
Sac. Faustin Kankanga Mundendi
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